AMBRO – Il peso della leggerezza, la poesia nella scultura

Come spesso accade, l’impronta stilistica di un’artista si rivela sin dalle prime opere ed è particolarmente interessante scoprire, alla base del percorso creativo, un fil-rouge che da un lato offre una chiave di lettura filologica generale, dall’altro invece porta in superficie studi ed esperienze umane e professionali che hanno formato il gesto creativo odierno. Ambrogio Moioli, conosciuto come Ambro, è un’artista, scultore, particolarmente interessante proprio in virtù della sua storia espressiva. Dal mondo professionale della grafica, l’artista si è affidato ai preziosi consigli del Maestro Ermes Meloni (1) dal quale ha appreso i primi segreti dell’arte della scultura. Mi piace pensare e sottolineare l’affinità tra l’artista e il Maestro (scomparso prematuramente nel 2015), in cui il cuore nobile e l’anima sempre aperta all’ascolto sono stati, senza alcun dubbio, elementi comuni caratterizzanti.

Nell’animo di Ambro la passione per la scultura coincide costantemente con un’inarrestabile sete di cultura, una ricerca che si affianca alla sperimentazione nel campo della bellezza e dell’armonia. Ogni opera è il frutto di un pensiero, un’intuizione alla quale fa seguito una profonda riflessione e analisi espressiva dove materialmente la scultura prende forma attraverso una pre-visualizzazione mentale. La progettazione attenta, la cui ricerca di precisione millimetrica è quasi maniacale, è essenziale in tutto il lavoro di Ambro. Si pensi ad esempio alla scultura in marmo bianco di Carrara, la meravigliosa “Sinuosità” del 2014, dove la fragilità in alcuni punti dell’opera sono alla base della sostenibilità strutturale ed essenza poetica della leggerezza dell’opera.

Ogni scultura deve essere osservata percorrendo due binari, quello che ci consente di apprezzarne i passaggi artigianali, del saper fare e progettare, e quelli contenutistici, la lirica poetica attraverso la quale ogni opera riesce a raccontare una storia personale. Si pensi al dialogo costante tra il peso dell’opera in sé stessa e all’espressione di straordinaria leggerezza che ritroviamo nel crocefisso del 2013, simbolo della Chiesa Prepositurale di Lissone nella quale, in tre metri di scultura, realizzata in acciaio ossidato, si ritrovano gli elementi caratteristici del pensare cristiano, nella scelta delle tre lastre (Padre, Figlio e Spirito Santo), nelle ferite che lasciano penetrare la “luce” e grazie alla posizione rialzata, lasciano intravedere il cielo e la Chiesa stessa. Lo stesso discorso vale nella contrapposizione affascinante tra la l’imponenza e forza espressiva dei celebri tori e la finezza di opere come “Librante” e “Alterigia”.

Nel 2011 nasce l’“Araba Fenice”, opera che fa da contraltare alle riflessioni espressive precedenti sull’animo umano come “Solitudine” (2011), “Abbandono” (2008), “Tristezza”(2003). L’Araba Fenice contiene tutti gli elementi non solo relativi alla rinascita ma ad una nuova vita creativa dove anche le dimensioni assumono particolare importanza.

L’Araba Fenice “more e poi rinasce – ci racconta Dante nell’Inferno canto XXIV -, quando al cinquecentesimo anno appressa erba né biada in sua vita non pasce, ma sol d’incenso lacrima e d’amomo, e nardo e mirra son l’ultime fasce.” (2) La cifra creativa di Ambro da questo punto in poi si eleva e si differenzia nello nella capacità di imporre uno stile personale, rendendolo riconoscibile, un momento importante perché tutte le opere assumono maggior valore in virtù di una maturità espressiva ora ampiamente raggiunta e certificata dalla presenza delle sue sculture agli ingressi del Serrone della Villa Reale di Monza, al Museo d’Arte Contemporanea di Lissone, alla straordinaria Casa di Caccia di Stupinigi a Torino, al Parco di Villa Borromeo di Arcore e al nuovo Palazzo della Regione Lombardia (3) di Milano.

Presenze autorevoli che contribuiscono a certificare il valore dell’arte espressa da Ambro grazie ad opere davvero di grande impatto visivo ed emozionale come i due grandi Tori, “Taurus” (2015) e “Impetus” (2017), simboli di forza ed energia vitale, messaggio amplificato dalla sapiente scelta della postura.


Opere nelle quali è evidente una costante crescita qualitativa, fondata sulla ricerca e sperimentazione di materiali e tecniche che possano accrescere, nel linguaggio dell’artista, il significato della rappresentazione simbolica di un animale che nell’antichità rappresentava la forza della vita, la virilità e la fertilità. Il toro, elemento caratterizzante che di una celebre ricerca di Pablo Picasso tra il 1933 e il 1935 (4), ha anche una valenza mitologica, se pensiamo alle sembianze che assunse Giove per rapire la bellissima Europa. E’ cosi dunque che Ambro si cala nella creazione delle sue sculture, affrontando ogni argomento da tutti i punti di vista, proprio come quando si osserva una sua opera, immergendosi in tutte le letture che queste possono offrire e svelando la profonda sensibilità espressiva e la raffinata ricerca culturale che caratterizza ogni lavoro dell’artista.

Per questo motivo nella ricerca di Ambro si ritrovano sia gli studi rivolti al rinnovamento della scultura tradizionale apportati da Auguste Rodin (5), senza mai dimenticare le lezioni dei classici raccontati da Johann Winckelmann (6).
E’ nata nel 2002 l’idea di creare “Leggiadria”, una ballerina che si eleva e libera nell’aria, quasi volando verso il cielo con una leggerezza straordinaria, opera che ora (2018) è cresciuta di misura ed ha raggiunto i 3,5 metri di altezza attraverso una nuova interpretazione.

Oggi Ambro lo possiamo trovare tra le sale della Famiglia Artistica Lissonese a disposizione di chiunque desidera avere un consiglio, tra le sale di un museo o una galleria, tra gli stand di una fiera, sempre costantemente circondato dall’arte e dalla bellezza.

Plinio racconta che Apelle (7) aveva l’abitudine di posizionare le sue opere proprio all’ingresso della sua bottega ed ascoltarne i commenti, Ambro invece accoglie i sui ospiti nel suo studio avvolgendoli immediatamente con le sue sculture che si trovano ben posizionate e ordinate in ogni angolo, il visitatore ne è così immediatamente immerso nell’affascinante mondo dell’artista. Se Apelle riuscì a coniugare al meglio l’acutezza dorica con la grazia ionica, Ambro gioca sul binomio lirico tra leggerezza e imponenza, tra tecnica e poesia, tra dinamicità, staticità ed equilibrio, tra passione e professione, dimostrando, nella lettura delle sue opere, la necessità di prendere in considerazione l’intero percorso espressivo dell’artista, per poter beneficiare sia delle capacità progettuali che quelle del disegno e della riflessione culturale.

L’immersione nella ricerca e analisi del lavoro complessivo dell’artista è un’esperienza che appartiene alla sfera della bellezza nella quale mi onoro di poterne aver preso parte in questo studio critico ed estetico.

———– note al testo:

1 Ermes Meloni (1938-2015), figlio del noto pittore Gino e direttore artistico per molti anni della Famiglia Artistica Lissonese. Artista scultore dotato di grande sensibilità espressiva. http://famigliartistica.com/storia/ermes-meloni/

2 Dante e Virgilio nel XXVI canto dell’Inferno si stanno arrampicando lungo l’argine della VI Bolgia e raggiungono insieme il punto in cui vengono puniti i peccatori di furti. Gli eventi narrati da Dante si svolgono la mattina del 9 aprile 1300. Qui appare la descrizione della Fenice che il “sommo poeta”, padre della lingua italiana, descrive come colei che vive, muore e rinasce ogni cinquecento anni, non si nutre né di erba né di biada, ma di lacrime di incenso e di amomo, che è un’antica pianta aromatica originaria dell’India. E il suo ultimo nido – scrive Dante – è realizzato con foglie di nardo e mirra. Abbattuto da una sorta di forza misteriosa, diabolica, l’Araba si rialza e si rianima osservando intorno, smarrita dal tanto dolore sofferto.

3 “Feeding the future now” è il nome del progetto della Regione Lombardia, strettamente collegato all’Esposizione Universale di Milano, Expo2015, in cui il Toro di Ambro è stato protagonista di un’esposizione di tre mesi davanti al nuovo Palazzo della Regione Lombardia in piazza Città di Lombardia inaugurato nel 2010.

4 Pablo Picasso (Malaga, 25 ottobre 1881 – Mougins, 8 aprile 1973) la rappresentazione del Toro nell’arte è una pratica che risale all’antichità ma ha avuto, per ovvie ragioni, grande sviluppo in terra spagnola. Lo stesso Pablo Picasso ha realizzato una serie di tori, corride e minotauri. E proprio su quest’ultimi ha affrontato un’analisi più approfondita, la celebre minotauromachia, del cui esemplare ne possiamo trovare una splendida incisione realizzata nel 1935 al Museum of Modern Art di New York.

5 François-Auguste-René Rodin (Parigi, 12 novembre 1840 – Meudon, 17 novembre 1917), straordinario artista francese considerato a buona ragione il padre della moderna arte scultorea

6 Johann Winckelmann (Stendal, 9 dicembre 1717 – Trieste, 8 giugno 1768) bibliotecario, storico dell’arte antica e archeologo, è stato uno dei massimi studiosi della cultura classica. Winkelmann riuscì a descrivere al meglio i caratteri classici del canone di bellezza.

7 Apelle – Se oggi possiamo parlare di Apelle lo dobbiamo a Plinio in Vecchio la cui storia l’ha riportata nel suo Naturalis historia. Fu uno straordinario pittore dell’antica Grecia indicativamente collocato verso il 360 a.C.

 

https://www.ambromoioli.it/

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