THE KISS – di Marilù Manzini

L’incontro con le opere di Marilù Manzini è una sorpresa straordinaria che si declina nel mondo delle emozioni e delle più intime riflessioni su temi sempre più attuali e universali. L’unicità del linguaggio dell’artista appartiene alla sfera delle espressioni artistiche concettuali il cui il mezzo è diversificato nella forma tecnica ma profondamente concentrato e ben indirizzato verso una comunicazione creativa definita. Mi spiego meglio, Marilù Manzini ha una grande forza interiore dalla quale coglie intuizioni strettamente legate alla realtà e quotidianità e le traduce in un “messaggio” affidato ora alla fotografia, alla pittura, alla scultura, alla performance, al video. L’artista è profondamente immersa nella propria anima quando elabora un sentimento nascente, un’idea che pian piano prende forma e si prepara ad esplodere attraverso intuizioni geniali che hanno il potere indubbio di stupire il pubblico. In questo percorso conoscitivo è necessario però che sussista l’incontro con un osservatore attento, che abbia il desiderio di capire, di “leggere” tra i simboli e le figure che appaiono nelle fotografie, ed è qui che sorge la necessità di rallentare, per poter apprendere, per consentire alle emozioni di venire in superficie, per poter, infine, comprendere il messaggio.

Marilù Manzini, nonostante la giovane età, ha raggiunto un’indubbia maturità espressiva determinata da una sensibilità molto particolare e dall’irrefrenabile desiderio di comunicare le proprie emozioni attraverso l’arte, un percorso che è sicuramente necessario per poter assaporare al meglio quello che quotidianamente offre a chi la segue nelle sue intuizioni. Una storia che parte da lontano, fondata principalmente sullo studio, sulla sperimentazione e attenzione ad ogni dettaglio. La ricerca, quasi maniacale della perfezione è una caratteristica altamente professionale che contribuisce a far crescere in modo esponenziale il valore di ogni sua singola opera. L’artista nata, nella splendida terra emiliana, in quella Modena che ha dato i natali a tanti grandi personalità, tra le quali anche il fotografo Franco Fontana. Marilù Manzini oggi vive e lavora a Milano ma la sua creatività è particolarmente apprezzata oltreconfine. Non mi stupisce dunque scoprire che proprio negli Stati Uniti le opere di Marilù siano particolarmente apprezzate, non mi sorprende perché New York si è spesso distinta per aver intuito le mode del futuro, indirizzi espressivi che spesso son partiti proprio dalla patria di Andy Warhol[1]. Anche per questi motivi ritengo che l’artista meriti particolare attenzione, in virtù sia della sua storia sia del grande successo che sta riscuotendo negli States.

Una delle riflessioni più profonde e più recenti di Marilù Manzini riguarda “la coppia” ma si esprime attraverso un linguaggio, quello fotografico contemporaneo e concettuale, che ammette più chiavi di lettura, tutte molto accattivanti. L’espressione fotografica dell’artista è differente dal realismo spietato di Flaubert[2], quello al quale si ispirava per intenderci il grande Walker Evans[3], ma si interfaccia con esso mostrando una realtà spietata nella sua chiarezza e immediatezza, rafforzata nel messaggio dalla presenza del “simbolo” che autenticamente trasporta la nostra attenzione dal “sensibile[4]” all’interno dell’opera stessa. La scelta espressiva che colpisce è senza alcun dubbio la forza cromatica e compositiva delle opere ma è il pensiero che queste generano nell’analisi che ci offrono l’opportunità per indagare noi stessi su un argomento particolarmente attuale. La coppia di persone, qui fotografata, racconta una storia d’amore, un rapporto forse sincero e composto graficamente, talvolta, come a formare un ipotetico grande cuore. I soggetti sono nudi davanti alla vita, davanti a loro stessi, una metafora molto interessante tutta da scoprire, ma tra loro, nella lunga sequenza di scatti, c’è sempre un oggetto, un elemento che introduce un’ennesima domanda, di disturbo o di dialogo?

Ogni coppia ha una storia a se, come nella vita, ognuno vive con uno sfondo diverso, su posizioni e storie differenti, ma tutti indistintamente nudi davanti alla realtà, davanti alle grandi domande della vita, tutti coinvolti inevitabilmente. L’analisi di ogni opera appartiene dunque ad una riflessione che deve essere collettiva se non si vuol galleggiare in superficie. Il nuovo lavoro di Marilù, come nei suoi precedenti, è un’esperienza sensoriale, emozionale e intellettiva che ognuno può e deve vivere secondo il proprio essere. Le opere dell’artista, che volutamente non chiamo “fotografa” perché lo ritengo riduttivo, è un invito ad interrogarsi, un invito a non rimanere superficiali, indifferenti e neutrali. La fotografia di Marilù Manzini, dunque, invita a schierarsi con decisione e a riconoscere, nella simbologia inserita nelle opere, al senso più profondo del dialogo e dell’amore.

Quante parole si sono dette sull’amore? oggi Marilù riesce con questo nuovo lavoro ad aprire nuovi spiragli di pensiero, magari scomodi per molti eppure spesso ci si ritrova, quasi senza accorgersene, divisi, separati proprio nel dialogo, nel confronto. L’artista porta l’attenzione su elementi che sono come muri che dividono e mettono contro, muri che interrompono le relazioni e i dialoghi. La religione, il denaro, la politica, le passioni, il gioco, le paure, le regole, la salute, i sogni e le aspettative. Ciò che rende importante il lavoro dell’artista è proprio questa chiave di lettura che consente allo spettatore di farsi coinvolgere intimamente nell’esperienza espressiva e riportarla nella propria esperienza personale.

La scrittura di libri, la pittura, la scultura, la fotografia, la sceneggiatura di cortometraggi e film, sono solo alcuni dei mezzi di comunicazione dell’espressione creativa usata da Marilù Manzini, ciò che rende molto interessante la sua arte risiede nella geniale capacità di metamorfosi nei linguaggi utilizzati e nella coerenza che collega con un raffinato file-rouge, tutti i suoi straordinari progetti. L’artista è un’autentica fucina di creatività e passione sincera, canalizzata sapientemente da un’indubbia preparazione culturale.

La ricerca espressiva è un flusso costante, piacevolmente inarrestabile, la sua forza espressiva è ascrivibile al rango di opera d’arte anche in virtù della capacità di raccontare e aprire scenari su ciò che spesso non si parla. Il celebre filosofo Wittgenstein [5]affermava che “su ciò di cui non si può parlare è meglio tacere”, si riferisce al silenzio come strategia, quella che Adorno [6]combatté con forza attraverso autorevoli testi filosofici, affrontando il cosiddetto ineffabile. E fu proprio Adorno a definire la bellezza come l’arte che riesce a donare un autentico “fremito”. Riescono le opere di Marilù Manzini a donare un fremito?

L’artista affonda le sue ricerche nel mondo dell’arte, la sua fotografia riesce a dialogare con grande capacità con il mondo della poesia, della filosofia, della sociologia, della psicologia, un lavoro, l’ultimo qui rappresentato, può essere affrontato da molte angolazioni, ogni riflessione può aprire spiragli nuovi e visioni differenti, ecco perché ho scritto delle sue opere come “esperienza”, perché il confronto è sinonimo di crescita per ognuno di noi e perché le sue opere non possono lasciarci indifferenti.  Bisognerebbe dunque far entrare la luce dell’arte nello spirito di ognuno di noi, perché è a causa delle tenebre che scendono nei cuori dell’indifferenza che si riscontrano le perdite maggiori. Per questo motivo Victor Hugo[7] parlava di “fiaccole per le menti” per far luce dentro di noi attraverso lo stimolo che solo la bellezza dell’arte e della cultura può donare.

Infine, ritengo necessario, oltre che interessante e affascinante, seguire e sostenere Marilù Manzini, affinché la bellezza dell’arte sia sinonimo di educazione alla critica e all’attenzione rivolta verso la nostra anima e “l’altro”, in una visione in cui il dialogo corrisponde alla crescita.

Alberto Moioli

[1] Andrew Warhol Jr, noto come Andy Warhol (Pittsburgh 1928 – New York 1987) artista americano, padre della Pop Art è stato un vero protagonista del xx secolo.  Pittore, scultore, sceneggiatore, produttore cinematografico, regista, direttore della fotografia, montatore e attore. Andy Warhol è stato un vero innovatore e geniale protagonista in ogni ambito espressivo in cui si è cimentato.

[2] Gustave Flaubert (Rouen, 12 dicembre 1821 – Croisset, 8 maggio 1880), scrittore considerato padre del naturalismo ed esponente autorevole del rinnovamento del linguaggio del romanzo moderno, spesso scomodo per l’epoca in cui visse. Nel 2856 scrisse il capolavoro letterario Madame Bovary tra le cui pagine si trovano parole dense di significati: “Cercava ora di capire che cosa volessero dire realmente le parole, felicità, passione, ebbrezza, che le erano sembrate così belle nei libri.

[3] Walker Evans – (Saint Louis, 3 novembre 1903 – New Haven, 10 aprile 1975), fotografo statunitense, autentico protagonista di un genere fotografico classico di denuncia sociale e documentaristica, in bianco e nero. E’ forse suo il ritratto più sincero e spietato dell’America negli anni della crisi degli anni ’30.Ha scritto senza alcun dubbio alcune delle più belle pagine della storia della fotografia di tutti i tempi. La sua poetica e filosofia dovrebbe essere insegnata in tutte le scuole anche come base per poter comprendere e apprezzare anche la fotografia più recente.

[4] Il “Sensibile” qui inteso come esperienza esteriore dell’opera, quella teorizzata da Hegel nella riflessione sullo scopo dell’arte attraverso la filosofia estetica. “ il vero scopo dell’arte è rivelare la verità sotto forma di configurazione artistica sensibile”, dunque escludendo a priori l’imitazione della natura che ha caratterizzato buona parte della storia dell’arte, né la ricerca di emozionare o educare attraverso dogmi morali.

[5] Wittgenstein (Vienna, 26 aprile 1889 – Cambridge, 29 aprile 1951) – in realtà nel suo celeberrimo “Tractatus logico-philosophicus”  l’affermazione relativa a “ciò che non si può dire si deve tacere” è da inserire in un contesto discorsivo e filosofico molto più ampio. La definizione che ho inserito nel testo è la settima, l’ultima, “asserzione principale” che Wittgenstein mette in ordine nel testo considerato tra i più autrevoli e controversi trattati di filosofia e logica del linguaggio. Si consideri che l’introduzione della prima pubblicazione fu curata da Bertrand Russel.

[6] Theodor W. Adorno  (Francoforte sul Meno, 11 settembre 1903 – Visp, 6 agosto 1969) filosofo, sociologo, musicologo, accademico e musicista tedesco. È proprio lui che torna a parlare di “esperienza” nell’arte e riflette sapientemente sulla verità quando afferma che “niente garantisce che l’arte mantenga la sua promessa obbiettiva”. (fonte Riflessività e coscienza simbolica – R.Nebuloni)

[7] Vicror Hugo (Besançon, 26 febbraio 1802 – Parigi, 22 maggio) – scrittore, poeta, artista, politico e statista. Lui parlò di “fiaccole per le menti” quando scrisse un appello famoso per durezza e chiarezza, che pronunciò durante l’Assemblea Costituente del 1848, “Si provvede all’illuminazione delle città, si accendono tutte le sere, ed è cosa giusta, i lampioni agli incroci e nelle piazze pubbliche; quando dunque si capirà che la notte può scendere anche nel mondo morale, e che bisogna accendere delle fiaccole per le menti? […] Un male morale, un male morale profondo ci affligge e ci tormenta. Questo male morale, strano a dirsi, non è altro che l’eccesso di tendenze materiali.”

 

http://www.marilumanzini.com/

 

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