Ivano Rota – “La fragilità del futuro”

“La fragilità del futuro”  Mostra personale di IVANO ROTA
Cortile delle ortensie – Via Matteotti, 33 Cantù (CO)
Inaugurazione Sabato 17 Maggio ore 18:00
Dal 17 al 31 Maggio 2025
Orari d’apertura: Sabato e domenica dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 15:00 alle 18:00 – Da martedì a venerdì dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 15:00 alle 19:00

Giovedì 22 maggio alle 20:45, conferenza con la presenza di responsabili di realtà socioeconomiche del territorio attente agli “ultimi”.
Relatori:
• Don Giusto e la comunità di Rebbio
• A.D. Tubi, un’azienda attenta al sociale di Casnate con Bernate (Co)
• “Stirattiva”, la stireria sociale di Vertemate con Minoprio. (Co)

 

Ivano Rota
Ivano Rota

Ci sono artisti che operano dentro i confini del proprio tempo, e altri che lo smontano pezzo per pezzo, lo interrogano, lo ricompongono. Ivano Rota appartiene a questa seconda categoria, rara e necessaria. La sua non è una ricerca estetica nel senso tradizionale del termine, ma una immersione profonda nei linguaggi e nei nodi irrisolti della modernità. Un’arte che non cerca il decoro, ma che disarma e stimola il pensiero. Rota è un artista che ha compreso fino in fondo – e da tempo – il potere trasformativo dell’arte. L’artista conosce molto bene i mezzi espressivi che ha a disposizione: li porta al limite, li piega, li espande. Pittura, scultura, installazione, performance – per lui non sono generi, ma vettori di pensiero.
Ogni forma è, in realtà, una soglia concettuale.
La sua produzione si muove con consapevolezza nelle pieghe più controverse del nostro presente, interrogando soprattutto le derive dell’innovazione tecnologica e il suo impatto sulle strutture sociali. Le sue opere sono veri dispositivi critici che mettono in discussione i meccanismi di esclusione sistemica, spesso mascherati da progresso.

Il suo sguardo è rivolto agli “ultimi” non come soggetti da rappresentare, ma come figura concreta di una frattura che si allarga: quella tra chi può abitare il futuro e chi rischia di esserne estromesso.
Ivano Rota cerca prima di tutto di essere una “brava persona” e la sensibilità che esce da questo lavoro interiore, viene posta alla base di ogni sua intuizione creativa. È in questo contesto che il pensiero di Martin Heidegger1 – e in particolare il concetto di Ge-Stell2, l’“inquadramento” – entra in sintonia con la sua ricerca. Heidegger ci mette in guardia dalla tendenza della tecnica moderna a trasformare ogni cosa, incluso l’essere umano, in “fondo disponibile”, risorsa da sfruttare e ottimizzare.


L’individuo diventa un punto dati, un parametro nel calcolo di una razionalità estranea alla vita. È la stessa logica che Rota smaschera nelle sue opere: quella di un mondo in cui l’algoritmo decide, l’economia seleziona, e chi non è utile viene semplicemente dimenticato.
La denuncia che attraversa la sua pratica non è mai ideologica, ma strutturale. Egli mostra, e dimostra, con rigore quasi filosofico, come la tecnologia, se guidata dai poteri forti e da interessi economici opachi, possa agire come strumento di esclusione anziché emancipazione. La sua arte prende posizione: non c’è neutralità nel suo gesto. Ogni opera è un atto espressivo che mira a riportare la complessità del reale al centro del discorso culturale ed oggi ci ricorda quanto sia rivoluzionario il pensiero.

La mostra attuale si sviluppa in tre momenti – un prima, un durante e un dopo – e in questa struttura narrativa si riflette la visione dell’artista come cartografo delle possibilità. È proprio nel “dopo” che si schiude la dimensione utopica del suo lavoro: un pensiero radicale che non sogna mondi perfetti, ma immagina futuri alternativi, consapevoli, costruiti sulla responsabilità e sulla giustizia cognitiva. In un’epoca dominata dalla velocità e dalla delega tecnologica, Ivano Rota ci invita a vedere il tempo e l’uomo contemporaneo sotto una lente d’ingrandimento, per cogliere proprio là dove viene sacrificata la specificità che più lo valorizza: la sua umanità. E nel farlo, trasforma l’arte in un esercizio di resistenza attiva, capace di tenere acceso il pensiero dove il sistema vorrebbe invece sottomettere al silenzio.

A cura di Alberto Moioli

note al testo: 
1 Martin Heidegger (1889-1976) è stato uno dei più influenti filosofi del XX secolo, noto soprattutto per il suo pensiero sull’esistenza, la tecnica e il significato dell’essere. Heidegger ha esplorato la condizione umana in un mondo moderno sempre più dominato dalla razionalità tecnica e dalla mercificazione dell’esperienza. Il suo pensiero ha avuto un impatto profondo su molte discipline, tra cui la filosofia, la psicoanalisi, l’arte e la critica sociale.
2 Il concetto di Ge-Stell, tradotto spesso come “inquadramento” o “strutturazione”, è centrale nella riflessione di Heidegger sulla tecnica moderna. In “Essere e Tempo” e in altri scritti, Heidegger avverte che la tecnica, anziché essere semplicemente uno strumento nelle mani dell’uomo, sta progressivamente “inquadrando” l’esperienza umana in categorie che riducono l’essere a mero “oggetto” da sfruttare. Il Ge-Stell è la struttura attraverso cui la tecnica organizza il mondo, trasformando ogni cosa, compreso l’uomo, in una risorsa da ottimizzare e sfruttare, eliminando la possibilità di un incontro autentico con l’essere. In questo senso, Heidegger denuncia la crescente tendenza della modernità a ridurre l’esistenza umana e il mondo naturale a semplici “dati” da calcolare e manipolare