queen crest

LA RAGIONE – Umberto Boccioni

 

 

Umberto Boccioni
Umberto Boccioni 1907

 

L’anima nascosta nell’arte di Umberto Boccioni

 

Forse non tutti sanno che uno dei dipinti più belli e profondi di Umberto Boccioni è dedicato alla madre Cecilia, ed è oggi custodito alla Galleria d’Arte Moderna (GAM) di Milano. In realtà, l’adorata madre fu ritratta da Umberto moltissime volte durante la sua carriera; si dice che in quasi dieci anni la ritrasse ben sessantacinque volte. Cecilia fu certamente qualcosa di più di una semplice musa: una presenza intima e riconoscibile durante tutta la sua produzione artistica. Nonostante i grandi amori che hanno caratterizzato la sua storia personale, Boccioni è sempre rimasto profondamente legato alla sua Cecilia. “Non posso amare nessuna donna,” scrisse all’amante Sibilla, forse con l’intenzione di mantenerla a una certa distanza, “non voglio saperne. Mi ripugna pensare di essere legato a qualcuno. Vivo bene da solo.

Questo capolavoro, realizzato nel 1907, a soli 25 anni, è stato dipinto con pastelli su carta e successivamente applicato su tela. Si tratta di un periodo in cui il pittore non era ancora stato coinvolto dalla passione per la sperimentazione futurista, e il dipinto si affida alla creazione di un’atmosfera serena di attesa, in cui Cecilia è avvolta da un piacevole gioco cromatico, grazie all’uso di colori terrosi, bruni e ocra. Dalla lettura dell’opera emerge un senso di silenzioso rispetto e la celebrazione di un amore che va oltre la semplice complicità reciproca, poiché Cecilia, per Umberto, rappresenta un punto fermo del suo equilibrio vitale. La porta sullo sfondo dell’opera sembra attendere il rientro del figlio, mentre la finestra, situata proprio di fronte al soggetto, diffonde una luce morbida, quasi con il compito di dipingere i dettagli.

Un legame tanto autentico da alimentare una simbiosi tra i due, anche quando l’artista morì a seguito di una brutta caduta da cavallo, il 17 agosto 1916 vicino a Verona. «Ti lascio con la raccomandazione di non essere imprudente quando andrai a cavallo», si raccomandò Cecilia il giorno prima, «perché tu meglio di me saprai che le bestie sono capricciose. Ti bacio lungamente con tutto il mio affetto. Tua mamma».

Dopo questa tragedia, Cecilia visse altri undici anni, ferita nell’anima e nel fisico, come se si fosse stretta al suo dolore, senza più parole né passi. Oggi, entrambi riposano accanto nel cimitero di Verona, dove campeggia un toccante epitaffio scritto dalla sorella del pittore: “O mamma adorata, la morte di tuo figlio che ti riposa accanto spense in te per due lustri moto e parola, non lo spirito vegliante in tragico silenzio. Tua figlia”.

Umberto Boccioni, che aveva iniziato frequentando lo studio del maestro Giacomo Balla, dove conobbe Gino Severini e Mario Sironi, passò da Roma a Milano, la metropoli in cui trovò quel dinamismo che lo coinvolse nel profondo, fino a essere considerato uno dei più importanti esponenti del Futurismo, corrente per la quale scrisse il celebre manifesto insieme a Marinetti. Una stagione straordinaria, in cui, in mezzo al fermento espressivo che sconvolse la pittura e la scultura, Cecilia fu il punto fermo attorno al quale ruotava tutta la filosofia di vita e di arte di Boccioni. Una mamma speciale e lui “non smise mai di dipingerla”.

 

Alberto Moioli

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *